domenica 15 maggio 2011

Il canto delle cicale di Sabrina Baglioni (Marco Serra Tarantola editore)


Uno degli assunti basilari degli ordinamenti democratici nei quali abbiamo messo radici, è quello che ci garantisce il diritto alla libertà; di pensiero e di espressione, in ogni sua forma. Dover anche solo immaginare di non aver il diritto di respirare è per noi, occidentali, inconcepibile.
Eppure, una realtà che nega i semi dell'esistenza umana, civile e sociale, c'è.
E non è poi così distante.

Emma è una giornalista. Ma innanzitutto una donna occidentale.
Emma è abituata a vivere la propria esistenza lontana da limiti che risiedano al di fuori delle pareti del suo cuore.


Emma conosce il sapore della vittoria e il retrogusto amaro della sconfitta; sa porsi grandi obiettivi e sa cosa significhi consumarsi nel tentativo di raggiungerli.
Emma lo sa. Emma è libera di saperlo.
Libera.
A soli cinquemila chilometri da lei, quella libertà di amare e soffrire, di piangere e ridere non è riconosciuta alla giovane Nasrin, una studentessa iraniana che - al pari delle altre donne vittime del fondamentalismo islamico - è costretta a nascondere i pensieri sotto un velo; a sotterrare i suoi desideri e i suoi diritti sotto una pesante coltre di millenarie tradizioni maschiliste e sessiste.
Diritti per i quali è pronta a morire.
«Nasrin non aveva solo voglia di leggere e le parole, spesso, sono l'unico salvacondotto per la libertà. Loro hanno avuto paura di un po' d'inchiostro, Nasrin invece non ha avuto paura di loro. No, ragazze, non era solo un libro. Era la sua arma di distruzione di massa dell'ignoranza, un antidoto al male, una bevanda calda nelle gelide notti invernali».
Attraverso pagine che riescono a far vibrare le corde dell'anima, Sabrina Baglioni ci racconta la “sua” Nasrin e l'Iran fondamentalista. Ci racconta la consueta negazione dei diritti umani e il sangue che stagna nelle polverose vie mediorientali. Sangue versato da chi chiedeva - e chiede - solo di poter rispettare i battiti del proprio cuore.
Ma la sua finestra sull'Oriente sa sorprendere. Lungi dall'essere semplicemente un decalogo di abomini, essa si fa carico di annichilire - o, comunque, alleggerire - quegli stereotipi, il più delle volte nefasti, che caratterizzano la visione occidentale del Levante. Condanna e riscatto; il patibolo e il perdono, quindi, a tracciare i contorni irregolari di una realtà che fa fatica a rientrare sotto categorie dalle etichette standardizzate.

E Nasrin diventa monito; voce della coscienza.
Voltare la faccia dall'altro lato, fingere di non vedere e continuare a vivere in un mondo che - davanti a certe morti - sembra così facile, diventa allora impossibile. Qualcosa chiama, forte e insistente come il canto delle cicale.
E punizione e riscatto sono ciò che spingono Emma ad affrontare un'esperienza che va oltre i limiti della sua esistenza; seguendo quel richiamo impellente che la spinge a redimersi dal senso di colpa che attanaglia chi - come lei e come noi - è nato nella libertà.

«Ci sono dei momenti nella vita in cui non puoi concederti il lusso di chiudere gli occhi e tirare dritto per la tua strada. C'è qualcosa che ti tormenta, come il ronzio di una zanzara nell'orecchio o come il canto delle cicale nei caldi pomeriggi estivi. E quel qualcosa ti perseguita, ti insegue fino a quando tu non ti fermi. Di qualunque cosa si tratta, tu ti devi fermare e ascoltarlo».
Anna Ragosta

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