domenica 27 marzo 2011

Caravaggio


Caravaggio, l’artista maledetto. Caravaggio, il genio.
Caravaggio, il blasfemo. Caravaggio, l’assassino.
Quattrocento anni fa, a Porto Ercole, moriva Michelangelo Merisi da Caravaggio, piccolo paesino della provincia bergamasca. Ma a quelle contrade che gli diedero i natali (nonché il nome con cui divenne noto), l’artista fu legato quasi solo per ragioni anagrafiche.
Roma, innanzitutto.
 La Roma dei papi e dell’Inquisizione. Fu lì che il giovane Michelangelo, dopo i primi anni d’apprendistato nel milanese, riuscì ad affermare il proprio vigoroso e sorprendente talento. L'ambiente romano fu scosso dalla sua rivoluzionaria pittura, sempre in grado di suscitare discussioni e polemiche. Una pittura che ignorava gli sfondi rendendoli scuri, bui fino al nero fitto, dando risalto solo alle figure, con un’attenzione alla corporeità che nessuno, nemmeno nell’epoca dell’esplosione sensuale del barocco, aveva mai raggiunto.
E poi i soggetti, e i modelli. La rappresentazione sacra sfociava spesso, troppo spesso, nel profano. La morte della Vergine che viene raffigurata come un avvenimento dolorosamente normale, i carnefici di San Pietro dipinti come uomini di fatica, meri esecutori, non più feroci aguzzini.
E poi, lo scandalo assoluto. San Giovanni col volto del giovane amante di Caravaggio; la Madonna coi tratti di una nota prostituta del suburbio romano.
Troppo audace, Michelangelo Merisi. E tanti nemici seppe farsi, dovunque.
A poco gli valsero le amicizie (interessate) dei suoi potenti protettori, dal cardinal Del Monte al marchese Giustiniani. Caravaggio fu inseguito dalle invidie e dalle inimicizie di molti che non amavano la sua arte sfacciata, tantomeno i suoi modi guasconi.
Spesso fu coinvolto in liti da taverna. Una di esse conobbe l’epilogo più tragico: la morte di Ranuccio Tommasoni, di cui fu accusato direttamente il pittore che per quel delitto subì, in contumacia, la condanna capitale che lo costrinse ad abbandonare per sempre Roma.
E vagò ancora, Caravaggio. Tra Napoli, Malta e la Sicilia, per cercare protezione. Ma trovò solo altri guai. L’immensità del suo talento artistico non gli valse il perdono di chi gliel’aveva giurata. E molti dicono che a Porto Ercole il pittore non morì di febbre intestinale (la versione ufficiale) ma fu ucciso da uno dei suoi tanti nemici.
A distanza di quattro secoli, è necessario ricordare questa figura inimitabile; e poco importa se proprio in questi giorni i critici d’arte hanno smentito la sua paternità del dipinto “Il martirio di San Lorenzo”. Molte, in ogni caso, sono le iniziative culturali previste nel corso di questo 2010 per ricordare l’opera di Michelangelo Merisi.
A noi resta l’immagine straordinariamente affascinante di un genio ineguagliabile, che non conobbe limiti, nella vita come nell’arte.
Un “maudit” come Mozart e Modigliani, come Rimbaud e Van Gogh.
Caravaggio. Il genio, l’assassino, il blasfemo.
Forse il più grande di tutti.

Gianluca Calvino
La sua tormentata vicenda di vita si sviluppò, infatti, per altri lidi.

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