domenica 21 agosto 2011

Cent'anni di solitudine - Gabriel Garcìa Márquez



Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.'

Il piccolissimo villaggio di Macondo sorge nel grembo dell'America Centrale, abbracciato da paludi e attraversato di quando in quando da famiglie di zingari che stupiscono gli abitanti con le loro invenzioni, spesso ritenute stramberie magiche.
Tutti si conoscono, e José Aracadio Buendìa – uno dei fondatori di Macondo - è considerato l'autorità del villaggio.
Proprio intorno a casa Buendìa - e alle sue sei generazioni - lo scrittore articola la narrazione dei fatti che riguardano il villaggio e le sue evoluzioni. árquez lascia filtrare innumerevoli vicende, dallo scoppio della guerra all'arrivo della compagnia bananiera; dalla costruzione della prima ferrovia di Macondo al quasi biblico uragano che spazza via la cittadella.


Così, attraverso i rami dell'intricato albero genealogico della famiglia, coi suoi figli legittimi e illegittimi, figli adottivi, figli nati da incesti, Márquez lascia filtrare innumerevoli vicende, dallo scoppio della guerra all'arrivo della compagnia bananiera; dalla costruzione della prima ferrovia di Macondo al quasi biblico uragano che spazza via la cittadella.

A quarantaquattro anni dalla sua prima edizione, 'Cent'anni di solitudine', con la sua prosa fluente e intrisa di un'amara ironia, riesce ancora ad essere non solo attuale nelle sue pieghe psicologiche, ma soprattutto non ha perso nulla di quel fascino che cammina sulla linea di confine tra fantasia e realtà. E allora i morti parlano con i vivi; le premonizioni sono momenti esatti della scienza; i sogni sono verità.
Così, gli echi della storia - come le guerre civili colombiane e la compagnia bananiera - vengono tratteggiati da Márquez con rapide impressioni, che si sciolgono sulla sua complessa tela assieme ai fili del realismo magico, dell'esoterismo, dei principi alchemici e di sottili e modernissime concezioni psicanalitiche.
Nessun rapporto biunivoco, dunque; nessuna esatta corrispondenza tra ciò che è e ciò che non è, in un mondo dove tutto è sospeso in un non tempo, in una inarrestabile soluzione di continuità che porta eventi e individui a ripetersi, moltiplicarsi e intersecarsi all'infinito. In un presente che è passato e futuro assieme.
Che è cent'anni di solitudine, per l'uomo che vive immobile la sua iperbole esistenziale.

'Allora saltò oltre per precorrere le predizioni e appurare la data e le circostanze della sua morte. Tuttavia, prima di arrivare al verso finale, aveva già compreso che non sarebbe mai più uscito da quella stanza, perché era previsto che la città degli specchi (o degli specchietti) sarebbe stata spianata dal vento e bandita dalla memoria degli uomini nell'istante in cui Aureliano Buendìa avesse terminato di decifrare le pergamene, e che tutto quello che vi era scritto era irripetibile da sempre e per sempre, perché le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra.'

Anna Ragosta


venerdì 5 agosto 2011

Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald


Questa non è una recensione. Non potrebbe esserlo.
Come si fa a recensire un classico? Mica facile… Ci si sente piccoli piccoli, di fronte a questi testi straordinari, scritti da autentici mostri sacri.
Quindi, dicevo, questa non è, nè potrebbe essere, una recensione. Diciamo piuttosto che è un omaggio. Un omaggio ad un libro che ho nel cuore dall’età dell’adolescenza; un libro che mi ha fatto scoprire la letteratura con la L maiuscola; un libro che ho letto e riletto, anche in versione originale (che poi è sempre la cosa migliore, per entrare nel linguaggio di chi scrive).
Io mi limito a sottoscrivere.


Il grande Gatsby è il più celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald, lo scrittore americano che diede voce, in letteratura, alla cosiddetta “età del jazz”.
È la storia di un grand’uomo, Jay Gatsby, dal passato oscuro e dal presente sfavillante.
Tutto feste e bella vita, Gatsby. Personaggio affascinante che sa circondarsi di tanti amici, di tante donne, di tanto lusso.
Ma in realtà Gatsby è un uomo solo. E quando il lusso sparisce, quando la tragedia lo travolge, Gatsby resta, inesorabilmente, solo. La sua fine è la fine dell’illusione, epifania di una realtà aspra e crudele, e vengono definitivamente smascherate le meschinità, le ipocrisie, lo squallido opportunismo dell’uomo.
Dramma della solitudine e del fallimento, questo romanzo fu un grande successo di pubblico (una volta tanto, un best seller che vale davvero…)
E visto che non mi sento degno di commentare, sul serio, un capolavoro simile, mi affido, per chiudere, alle parole di Fernanda Pivano, traduttrice de Il grande Gatsby, oltre che autorevole studiosa di letteratura, soprattutto americana.
Di questo romanzo, la Pivano disse: “resta l’intramontabile realtà di pagine preziose e pure come diamanti”.
Gianluca Calvino