domenica 27 marzo 2011

Piccole anime di Matilde Serao (Avagliano Editore)



“Piccole anime” è una silloge di racconti scritti dalla Serao nel 1883. Era un periodo felice, nella produzione di donna Matilde, uno dei più fecondi, a detta della gran parte della critica letteraria di allora e di oggi.
È un’opera che risente, eccome, degli echi verghiani; un verismo che si percepisce, pagina dopo pagina, attraverso le vicende spesso disperate di bambini costretti ad affrontare troppo presto una realtà davvero più grande di loro.
Sono storie che fanno male, a leggerle. Soprattutto quelle più crudeli (e celebrate), che narrano della piccola fioraia e di Canituccia e il suo “amico” Ciccotto (un maialino che sarà, nel finale, condotto alla sua inesorabile fine). Queste piccole vite soffrono la fame e il freddo, e cercano con la forza della disperazione di attaccarsi alla flebile speranza di un soldo racimolato in qualche modo per acquistare un tozzo di pane. E se non è la miseria a gettarle nel baratro del dolore, ci pensa l’indifferenza della gente e l’anaffettività di madri degeneri.
In questi racconti, veri spaccati di vita, quasi fotografie di un’esistenza dimenticata per le strade di una Napoli che non c’è più, i bambini rappresentano un’oasi di purezza, ma sono anche metafora di quell’innocenza che non appartiene più a nessuno. Sono emarginati, maltrattati, spesso letteralmente dimenticati. Le piccole anime che il mondo dei “grandi” non vuol più riconoscere come proprie.
Avagliano compie un’operazione meritoria, restituendoci queste pagine in cui il verismo si intreccia però con una ricercatezza linguistica e lessicale che poco apparteneva alle tecniche narrative naturalistiche, ma che fu tratto distintivo della scrittura della Serao, un’autrice che resta pietra miliare nella letteratura italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento.

Gianluca Calvino

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